Contratti di appalto nel settore fashion & luxury: l’importanza della compliance 

Il settore del fashion produce un valore aggiunto di 75 miliardi di euro in Italia e 65 miliardi di esportazioni, confermandosi di primaria importanza per il sistema Paese. Un’analisi condotta dal Cdp ha evidenziato che le componenti del prodotto moda contribuiscono al 5,1% del PIL e si è soffermata sul fatto che l’intero comparto stia reagendo alle sfide poste dalla transizione energetica e digitale, oltre che dai cambiamenti del contesto geo-economico globale. 

Il sistema comprende oltre 53.000 imprese (pari al 13% del manifatturiero italiano), di cui il 79% sono PMI che contribuiscono a generare un quinto del fatturato complessivo. Quasi il 40% del valore aggiunto totale di filiera è prodotto dai settori principali, cioè quelli delle lavorazioni tessili, della fabbricazione di articoli in pelle e della confezione di capi d’abbigliamento. 

Secondo lo studio, per reagire ai comportamenti d’acquisto dei consumatori, si richiedono diverse trasformazioni, facendo leva su intelligenza artificiale e digitalizzazione per mantenere l’industria al passo con i tempi. Una maggiore attenzione all’impatto ambientale, alle performance ESG e alle operazioni di private equity deve rappresentare una prerogativa per l’intera industry.  

L’Italia si conferma il primo produttore mondiale di alta moda e un terzo dei grandi gruppi europei sceglie fornitori del nostro paese (la quota sale a due terzi per i marchi di lusso), a dimostrazione dell’eccellenza dell’artigianato locale e della qualità del know-how italiano. Inoltre, la qualità della produzione viene affiancata a una forte capacità di influenzare le tendenze di settore a livello mondiale. 

BPO outsourcing
back office amministrativo

Le sfide nel settore della moda 

In tempi recenti si è diffusa una particolare attenzione per le tematiche giuridiche relative alla filiera del settore moda, con un rilevante focus in merito alla compliance degli appalti con fornitori. Le aziende operanti nel fashion sono tenute a maturare una politica incentrata sul cambiamento efficace e sostenibile nell’uso dei tessuti e nelle condizioni lavorative dei propri dipendenti, tenendo presente l’ex D.lgs 231/2001. Alla luce di questo contesto emergono tre sfide, come evidenziato da Cdp: 

  • La prima è legata alla sostenibilità e alla responsabilità sociale: il settore è chiamato a rispettare normative sempre più stringenti, tenendo in considerazione che il 76% dei consumatori di lusso è attento a marchi eticamente impegnati. 
  • La seconda riguarda il consolidamento, aspetto essenziale in un settore dove il 79% delle aziende è rappresentato da PMI. Il potenziale del comparto è in parte inespresso, anche se investitori e fondi di private equity promuovono strategie di aggregazione. 
  • La terza è relativa all’innovazione, con la necessità di competenze digitali per migliorare l’esperienza d’acquisto. 

Società della moda in amministrazione giudiziaria: la decisione del Tribunale di Milano   

Il Tribunale di Milano ha recentemente applicato la misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria nei confronti di tre società operanti nel settore dell’alta moda per avere agevolato l’attività dei titolari e amministratori di imprese subappaltatrici. Le indagini condotte dal Nucleo Ispettorato del Lavoro del Comando dei Carabinieri di Milano hanno fatto emergere uno schema ben preciso: i brand stipulavano contratti di appalto con società terze, esternalizzando i propri processi produttivi; queste imprese a loro volta subappaltavano la fabbricazione a realtà che ricorrevano a manodopera in condizioni di presunto sfruttamento. 

Le aziende coinvolte sono state dunque sottoposte ad amministrazione giudiziaria, in modo da interrompere il processo di decoupling organizzativo e rimodulare i rapporti con i fornitori. Tra gli indici di sfruttamento si notano, quindi, la retribuzione inferiore ai minimi tabellari, il mancato rispetto degli orari stabiliti, l’assenza di DPI e visite mediche, l’utilizzo di macchinari privi di appositi dispositivi di sicurezza, lo sfruttamento dello stato di bisogno dei lavoratori. 

Secondo i giudici milanesi le imprese della fashion industry non hanno verificato la reale capacità imprenditoriale e le modalità di produzione delle società appaltatrici, manifestando carenze organizzative e l’assenza di audit in materia. Il Tribunale ha dunque disposto che l’amministratore giudiziario svolgesse una serie di attività: 

  • Prevenire il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nei rapporti con i fornitori esaminando il modello di organizzazione, gestione e controllo. 
  • Approfondire eventuali modifiche alla politica contrattuale adottata nei confronti dei fornitori. 
  • In relazione alla composizione degli organi amministrativi occorre analizzare i provvedimenti adottati dalla società sottoposta. 
  • Verificare tutti i contratti pendenti con i fornitori, in modo da monitorare il rispetto delle regole e segnalare eventuali situazioni analoghe a quelle che hanno determinato l’intervento dell’autorità giudiziaria. 
reperimento personale

L’importanza della compliance nel settore moda 

Dalla decisione del Tribunale di Milano è emersa l’importanza di disporre di un idoneo compliance program, perché una sua assenza verrebbe considerata come carenza organizzativa in grado di agevolare colposamente l’attività dei soggetti definiti dall’art. 34 (comma 1) d.lgs. 159/2011. 

Nei fatti si configura un ampliamento della funzione tipica del modello organizzativo, che diventa a tutti gli effetti una fonte di regole volte a prevenire l’agevolazione di fatti di reato commessi da terzi. Va comunque annotato che la giurisprudenza non ha per il momento definito fino a che punto dovrebbe estendersi il Risk Assessment dell’ente rispetto all’attività di soggetti terzi. 

Compliance e verifica delle aziende appaltatrici: i servizi di Gi HR Services  

Quando si intende appaltare delle attività occorre selezionare con cura i propri fornitori, avvalendosi di una struttura ben organizzata e composta da professionalità esperte, strutturate e certificate. Questo modus operandi è basilare per tutelarsi il più possibile da eventuali inadempienze o problematiche di varia natura che potrebbero insorgere nel tempo.    

Affidandosi a un partner specializzato per la verifica e i controlli necessari nei confronti delle aziende appaltatrici, le imprese eviteranno il rischio di illeciti, gravi conseguenze sanzionatorie e importanti danni di immagine nei confronti dei propri stakeholder.  

Noi di Gi HR Services effettuiamo, infatti, verifiche del rispetto del perimetro dei diversi appalti, ma non solo. La nostra proposta prevede soluzioni modulari attivabili congiuntamente o singolarmente, a seconda dei singoli need, realizzate anche attraverso il supporto di consulenti esterni:  

  • Controllo documentale. 
  • Verifica del contratto di appalto con studi legali partner;  
  • Verifica documentale di Responsabilità Solidale del ciclo payroll e costo appalto;   
  • Verifica docu-reputazionale su appaltatore;  
  • Verifica documentale nell’ambito della SSL.  
  • Controllo gestionale: audit in-house (o da remoto) per la verifica della corretta gestione organizzativa del singolo appalto.  
  • Supporto alla certificazione dell’appalto: controllo documentale e gestionale, al fine di accompagnare l’azienda nel percorso di Certificazione dell’appalto ex Art 84 D. Lgs. 276/2003, rilasciata da Enti abilitati.  
  • Consulenza gestionale di processo:   
  • Formazione e creazione di standard;   
  • Supporto nella definizione di nuovi processi grazie agli output evidenziati e alla reportistica prodotta. 

I primi tre punti indicati sono validi, non solo per i singoli fornitori già in essere, ma anche come servizio di supporto alla due diligence, nella selezione dei fornitori.  

Abbiamo dedicato un evento al mondo appalti.  Scopri qui la registrazione: https://www.youtube.com/watch?v=je1-1Yt6aZw 

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